Il Neorealismo

Il neorealismo è una corrente filosofica che ha avuto i suoi inizi nell’America del Nord e si è poi diffuso anche in Inghiletrra. Secondo alcuni illustri pensatori gli oggetti sono realtà extramentali che il nostro io non fa che rispecchiare gli oggetti della logica e della matematica sono degli enti universali.

In Italia, dopo inutili tentativi da parte del Fascismo di asservire la letteratura ai propri fini propagandistici, cominciò ad affermarsi intorno al 1928 una letteratura chiaramente di opposizione che s’impegnava a rappresentare la realtà italiana nelle sue stridenti contraddizioni.

La prima opera in cui coscientemente si afferma questo indirizzo è sicuramente “Gente in Aspromonte” di Corrado Alvaro, pubblicato nel 1930.

Alla base di questo movimento c’era una nuova ideologia propria della rivoluzione antifascista. C’era inoltre la consapevolezza del fallimento della vecchia classe dirigente e del fatto che si erano conquistate per la prima volta le masse popolari.

Vi era l’esigenza della scoperta dell’Italia reale nella sua arretratezza, nella sua miseria,nelle sue assurde contraddizioni ed insieme una profonda fiducia nelle nostre possibilità di rinnovamento.

Si mise in atto un processo di cambiamento che sottolineasse la rottura con l’arte precedente.
Nacque così una nuova tendenza caratterizzata dalla reazione all’estetismo ed al formalismo dell’epoca precedente, dalla ricerca di nuovi contenuti attinti alla cronaca ed alla vita reale, di un linguaggio immediato e concreto.
Molto forte era l’esigenza di oggettività, di bisogno di presentare il degrado delle fasce sociali più umili nelle loro diverse connotazioni regionali, di dare sfogo ad un urgente bisogno di denunce, di proposte di sollecitazioni.
Tali obiettivi non potevano essere raggiunti se non con l’uso di un linguaggio nuovo, innestando i vari dialetti nella lingua tradizionale.
Ciò politicamente significava rompere i limiti regionali e corporativi, mirare alla conquista di una coscienza nazionale, all’affermarsi nella società civile delle classi popolari. Naturalmente un simile processo avvenne in modi e tempi diversi a seconda del carattere specifico delle varie arti.

Nel cinema tale processo fu più rapido: non solo perché era un’arte giovane e non doveva quindi fare i conti con una vecchia tradizione da abbattere ma anche perché era stato in parte preparato attraverso il contatto con le esperienze del cinema naturalista francese.
Il cinema fu, quindi, l’arte più pronta ad esprimere la rivoluzione operatisi in quegli anni. Il carattere principale fu una cruda rappresentazione degli avvenimenti e della società. Le prime opere che esprimono questa nuova interpretazione della realtà furono:
“Uomini sul fondo”di F.De Robertis(1941);”La nave bianca”di Roberto Rossellini(1941); e “ Ossessione” di Luchino Visconti.
Le più significative espressioni di questo nuovo modo di interpretare la realtà furono: “Roma città aperta”(1945) e “Paisà”(1946) di Roberto Rossellini;”Sciuscià”(1946) e “Ladri di biciclette”(1948” di Vittorio De Sica.